venerdì 7 marzo 2008

La moria delle vacche

In questi ultimi tempi ho scritto meno nel blog. Me ne sono accorta in questi ultimi giorni. Mi è venuta la curiosità di leggere di nuovo il mio primo post. Non me lo ricordavo più. Era il primo ed era per una persona che amo profondamente ancora oggi. Ma non è di questo che voglio parlare.
Mi sono accorta, rileggendo, che sono sprofondata in un abisso di depressione, di solitudine e isolamento senza precedenti.
Non solo. Pensando e ripensando ho realizzato che non faccio altro che lamentarmi, anzi lagnarmi addosso sulle mie disgrazie e devo dire che non è proprio da me. Ho sempre affrontato le difficoltà con forza e negli ultimi post invece non faccio altro che dire che quella forza non ce l'ho più. Ma questo non è vero. Sì la vita non ti regala niente. Nè a me, nè a tanti altri, ma sprecarla così è un vero peccato. E per peccato intendo anche il senso cristiano del termine.
Allora un paio di giorni fa, mentre parlavo con la mia amica del cuore, è scattato qualcosa e ho detto basta:
Io: - No senti, adesso basta con questa depressione cronica. La vita è bella, anzi no, la vita a volte fa proprio schifo, ma non si può vivere così. Io voglio sentire ancora il sapore e l'odore, il gusto e i suoni. E soprattutto i sensi di questa vita. -
Lei: - Oh ma che sei impazzita? Veramente stavamo parlando di quello che si fa nel week-end.-
Io: - No adesso basta.
Lei: - Ancora? Ma che t'è preso?
Io: - Basta con questa moria delle vacche. E tengo a precisare che quando dico "vacche" non è a noi due che mi riferisco, ovviamente. Lo dico e lo dico e poi ci ricasco sempre. Non mi importa di quello che mi darà il futuro. A forza di pensarci ho smesso di guardarmi intorno e di dare un valore vero a quello che ho. E il valore vero alle cose e alle persone che mi sono accanto glielo do io e nessun altro. Dirmi tutti i giorni che non ho quello che vorrei non mi aiuta ad ottenerlo. Mi fa stare solo tanto male.
E allora, ieri, quando sono tornata a casa, invece di precipitarmi a pulire e a cucinare ecc. ecc., ho preso in braccio mia figlia (che adesso pesa più della metà di me) e abbiamo ballato in mezzo al salotto. Abbiamo colorato e fatto una marea di disegni.
Poi ho fatto tutto il resto, ma sicuramente con un bel sorriso sulle labbra.
Il resto si vedrà e se qualche desiderio si avvererà sarò certo più felice, ma per aspettare qualcosa che forse non arriverà sto perdendo quello che già ho. Se morissi domani, avrei perso i doni che mi sono stati offerti fino ad oggi per aspettarne altri che mai arriveranno. La mia vita sarebbe stata inutile.
La felicità è un viaggio. Non una destinazione.

1 commento:

Clelia ha detto...

la felicità va conquistata, sempre e comunque. Non è un dono, ma uno spazio che ci prendiamo perchè è nostro. Se vuoi leggi Sine qua non e soprattutto In punta di Piedi Io Volo, no... non sono libri ma mie post.

ps. complimenti per il blog...

Clelia