martedì 30 ottobre 2007

Nuvole e confetti


Mal di testa e giornata scura. Le premesse non sono state buone fin dal primo mattino. Anzi, già da ieri sera un certo nervosismo e la difficoltà a prendere sonno hanno dato il primo segnale negativo. Alla fine, la nottata è andata. Stamattina, quando ho aperto la finestra, ho visto che il tempo era grigio. Quando sono uscita quella pioggerellina fastidiosa picchiava sulla mia giacca di velluto. Non importa. Io non uso l'ombrello (certo avrei potuto indossare altro ma va bene così).

Le giornate, però, a volte le cambiamo noi. Nel tragitto da casa a lavoro ho divorato un numero non ben definito di confetti. Sì confetti e confettini che una delle mie ziette mi ha portato da Sulmona. La fila per arrivare in ufficio era il doppio del solito (cresce proporzionalmente all'acqua che scende dal cielo). Potete immaginare quanti confetti ho mangiato. Arrivo in ufficio e immediato caffè. Due chiacchiere con il collega. Una telefonata del cuore. Una e-mail per sapere se la mia amichetta sta meglio (ieri sera in depressione cronica). Una valanga di lavoro. Un chiarimento con il boss.

Il mal di testa ce l'ho ancora. La giornata è rimasta grigia.

Ma mi sento meglio. Non so come si fosse scatenato il malumore. So il perchè. Ma adesso sto meglio e, di tutte le cose elencate, non so se abbia fatto effetto una sola di queste o la combinazione di tutte. E non importa in realtà.

La giornata è cambiata. E l'ho cambiata io. Per oggi va bene così.

Salvo indigestione postuma da confetti.

lunedì 29 ottobre 2007

Verona 2

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ancora non ho fame, nonostante sia già ora di pranzo. Guardo la guida e la mappa e decido di avviarmi verso San Zeno a piedi. E' lontano, lo so, ma penso di potercela fare e camminando mi fermerò a mangiare. L'impresa è stata più difficile del previsto. Già, devo ammettere che mi sono persa. Non mi chiedete come ho fatto. Ad un certo punto ho perso i riferimenti e sono uscita dalle strade principali. La mappa che è sulla guida non è dettagliatissima e alcune traverse non sono indicate. Giro e giro e alla fine decido di fermarmi in una pizzeria- kebab. Credo più per disperazione che per fame. Ordino comunque un bel piatto di kebab e insalata. Mangio mi ristoro e pagando il conto chiedo informazioni su San Zeno. Cammino ancora davvero molto e sono quasi al limite della rinuncia quando vedo il campanile. Ho faticato troppo per arrivare fin qui. Devo raggiungere San Zeno. E così è. E non potete nemmeno immaginare la bellezza di questa chiesa. L'atmosfera e il profumo. Mi godo ogni angolo, ogni affresco, ogni dettaglio. Mi riposo gli occhi ammirando il chiostro e le gambe sedendo tra i banchi della chiesa.
Sono soddisfatta. Ora posso andare. Quando esco, mi dirigo sul lungoadige e rifletto se continuare a piedi per il Teatro Romano. Sembra lontanuccio ed effettivamente sono un po' stanca. Mi blocco alla prima fermata di autobus che trovo e, parlando con il conducente, mi convinco che ho fatto davvero bene a salire. Non era così vicino come credevo!!!
Bello il teatro e il museo. Scendendo alla fine della visita faccio un incontro insolito: un bel gattone bianco e rosso che mi guarda e miagola in cerca di coccole. Non posso negargliele quando si butta per terra e mostra la pancia.
Non posso fermarmi molto. Sono stanca. E' metà pomeriggio e voglio procedere velocemente per poter tornare in hotel e fare un bagno caldo. Così mi dirigo al Duomo. Bello ma preferisco San Zeno. Del Duomo mi piace l'idea del pianoforte a coda che è stato messo tra l'altare e l'inizio dei banchi. C'è un uomo che suona e mi godo la musica finchè non finisce. Poi me ne vado e passo alla chiesa di S. Anastasia. Qui è tutto in ristrutturazione, quindi ascolto un po' l'organo e mi defilo velocemente.
Ripercorro la strada che stamattina mi ha riportato a Piazza Brà e mi fermo alla Torre dei Lamberti. Salgo su (in ascensore) e il panorama è davvero mozzafiato. All'ultimo momento, individuo anche il mio albergo. E' lontanissimo, ma è un invito che non posso rifiutare. Scendo, ritorno a Piazza Brà e prendo un taxi. E' quasi buio. Arrivo in albergo e mi godo il bagno caldo. Finalmente. La serata è stata speciale, ma preferisco tenere per me questa parte.
Il giorno dopo non ho molto tempo: una passeggiata fino alla Veronetta, dall'altra parte dell'Adige e si riparte per Roma. Durante il viaggio mi torna in mente la stessa frase:
Se amate qualcuno portatelo a Verona.
Fatelo anche voi.

giovedì 25 ottobre 2007

Verona - parte 1

Per fortuna sabato scorso, nonostante l'ondata di freddo, il tempo è stato bello. L'aria era così serena e frizzante che invitava proprio ad un bel giro della città di Verona. Ho cominciato la mia passeggiata da Piazza Brà. Ho preso per Via Roma e ho raggiunto subito Castelvecchio. Una struttura davvero particolare che oltre ad avere il fascino di un castello e una storia interessante, ha uno sviluppo particolare su uno dei ponti sull'Adige. Attraversando Castelvecchio si attraversa anche il fiume e si passa sull'altra sponda. Finita la visita del castello ho proseguito per corso Cavour andando verso Porta Borsari e nel tragitto mi sono fermata a vedere la chiesa di S. Lorenzo: se non ci fosse l'indicazione fuori non sembrerebbe nemmeno una chiesa. Appena si entra al piccolo cancello c'è un piccolo, ma particolarmente decorato, pozzo. Si entra nella chiesa, piccola, raccolta e incredibilmente silenziosa, e si viene invasi dalla luce. Le pareti sono bianche e ne amplificano la luminosità. I raggi del sole entrano dalle finestre poste sopra alla porta di ingresso che, in questo caso, è laterale rispetto all'altare. I raggi, quindi, tagliano, trasversalmente la chiesa e creano un effetto molto suggestivo. Esco e poco più avanti vedo una piazzetta. Non so perchè ma, mi ridigo per quella direzione ed entrando nella piazzetta scopro una piccola porta. Fuori c'è scritto: Chiesa di Santa Teuteria e Tosa. Entro. La prima cosa che mi colpisce è il forte odore di incenso. La seconda è il buio. La chiesa è piccolissima, quadrata e al centro c'è una fonte battesimale multidecorata. L'aria è pesante. Sembra che non sia cambiata nei secoli. Sto ancora qualche secondo e decido di uscire.
Proseguo raggiungendo e oltrepassando Porta Borsari. Si snoda, da qui, Corso Porta Borsari, pieno di negozi e di caffè. Il corso sfocia in Piazza delle Erbe che a metà del sabato mattina già è piena di gente. Ci sono i caffè, ristorantini e il famoso mercato (di particolare ci sono ormai solo alcuni banchi per il resto la merce in vendita è quella che si trova ovunque). Tra Piazza delle Erbe e Piazza dei Signori (attigua) si snodano le Arche Scaligere, il Palazzo del Comune, il mercato, appunto. Mi siedo sulla base della colonna che sorregge il leone, simbolo della dominazione veneziana, mi guardo intorno mentre il sole mi batte sul viso. Molti sono indaffarati nelle solite commissioni mattutine, molti sono turisti come me e molti altri si godono la loro splendida città tra chiacchiere e discussioni, seduti davanti ad un buon caffè o ad un cioccolato caldo.
Dopo qualche minuto di pausa, prendo a caso per via Cappello e arrivo alla Casa di Giulietta. Sono un po' titubante ad entrare: è pieno di coppie che si tengono per mano mentre entrano per la visita e io, che sto in giro da sola, mi sento un attimo inadeguata. Solo un attimo perchè poi mi mischio tra la folla e salgo. Balcone a parte, dal quale non ho osato affacciarmi, ho trovato bellissimi i pavimenti ed i soffitti in legno. Dalle finestre si vedono i tanti turisti che si accalcano per entrare. Adesso sono arrivati anche i gruppi di turisti e vedendoli non mi sbaglio pensando che sarà ardua uscire. Infatti devo un po' sgomitare per ritornare su strada.
Mi avvio e camminando arrivo a Porta dei Leoni e, poco dopo, alla Chiesa di San Fermo. Grande, imponente. In realtà qui le chiese sono due: Una più recente sopra e quella più antica e, parer mio, più bella, sottostante. La chiesa antica è divisa in tre parti da colonne, poste anche in mezzo alla navata centrale. Gli affreschi sui muri belli e dai colori tenui, stemperati dal tempo.
Uscita da San Fermo, confesso di essere un po' stanca e mi siedo fuori. Sulla scalinata della chiesa. Sono indecisa se andare a mangiare o vedere altro prima. Decido alla fine di tornare verso piazza Brà, e quindi l'Arena. Lì ci sono molti bar e ristoranti e da lì posso riprendere il mio giro. Quando ci arrivo la fame non si è fatta ancora sentire. Entro nell'Arena e ne ammiro lo splendore. Seduta sulle gradinate posso solo immaginare l'emozione nel vedere un'opera rappresentata in questo storico e imponente monumento.
Seduta al sole, prima di andare a mangiare, mi godo il sole e ripenso alla locandina che ho appena letto alla biglietteria dell'Arena:
Se ami qualcuno, portalo a Verona.......
............................. to be continued

lunedì 22 ottobre 2007

Se ami qualcuno portalo a Verona


Il titolo di questo post è ripreso da una frase letta su una locandina esposta all'entrata dell'Arena di Verona. Io ci sono andata questo week-end, invitata da una persona per me speciale. E' vero: se amate qualcuno portatelo a Verona.
Sto riorganizzando gli appunti di viaggio e presto avrete un resoconto dettagliato della meravigliosa città dell'Arena e dell'amore.

giovedì 18 ottobre 2007

Piove

Piove, oggi. Eppure nell'aria c'è qualcosa di allegro. Sento un'aria strana. Non so se è il tempo che cambia o l'aria in ufficio o lo stress e basta che mi fa vedere le cose in questo modo.
Parlo da sola, chiedo, rispondo e commento. Tutto da sola. Ad un certo punto la collega mi ha chiesto se mi sento bene. Io le ho risposto che non si deve preoccupare. Che tutto è normale.
Già. Nella mia vita strampalata mi basta solo sentirmi bene (anche poco) per considerarmi normale.
Basta anche una giornata di pioggia per stare in pace con il mondo.

martedì 16 ottobre 2007

Domenica


Sono stata avvisata per tempo, sabato sera. Sapevo già che cosa mi aspettava. Ma, quando ti ho visto in ospedale domenica mattina è crollata ogni certezza.

Avevo già previsto tutto: sarei arrivata presto e avrei stressato i medici fino ad avere le risposte che mancavano e ti avrei riportata a casa alla velocità della luce.

Domenica mattina sono piombata a casa tua, ho lasciato la mia bambina e ho preso mia sorella e insieme siamo arrivate da te. Alla domanda chi delle due dovesse entrare per stare con te non ci sono stati tentennamenti: non ho dato il tempo a mia sorella nemmeno di prendere fiato. Ho aperto la porta e sono entrata io. Ti ho trovata sveglia: gli occhi, ormai piccoli, mi hanno trovata subito. Come sempre ormai non mi hai riconosciuta. Non sai più chi sono da tempo. L'occhio tumefatto e i punti sulla fronte coperti dal cerotto. Ti chiedo come hai fatto. E che stavi facendo quando sei caduta. So che non mi risponderai. Hai smesso di parlare. E'difficile per me, invece, smettere di chiederti le cose, di raccontarti e di parlarti come se tu mi potessi ancora comprendere. Non ci riesco. E' un filo che ci lega e che non posso tagliare. Parlo io. Per tutte e due, se tu non puoi più.

Infatti ti faccio le domande e mi rispondo. Poco distante c'è una ragazza con delle escoriazioni dovute ad un incidente d'auto. E' straniera. Non parla e non capisce bene la nostra lingua. Mi guarda curiosa. Ci sono due signore anziane, arrivate lì probabilmente per qualche malore legato all'età. A me sembra che stiano anche meglio di me. Mi guardano in modo strano.

Torniamo a noi. Hai una pelle così liscia. Quelle poche rughe che avevi sono tornate indietro. all'improvviso si apre una porta e ti lascio all'istante per precipitarmi fuori. Fermo la dottoressa e chiedo che cosa stiamo aspettando e perchè non ti posso ancora portare via con me. Mi dice che aspettiamo il risultato della Tac.

Aspettiamo.

Ritorno. Non c'è nemmeno una sedia. Mi appoggio al muro e comincio ad accarezzarti. Mi guardi: le tue pupille si spostano percettibilmente da uno all'altro dei miei occhi. Ogni tanto sollevi silenziosamente la testa verso di me ma non dici niente. Sono io che non smetto di dirti che devi stare giù, che presto arriverà la risposta degli esami, che tra poco ti porterò a casa e bla bla. Non smetto un attimo. Intanto ti accarezzo il viso. E ti dico ancora una volta che va tutto bene. Mi sento osservata da te. A volte, in verità, il dubbio mi viene. Penso che tu te ne sia andata mentalmente per un po' e che adesso sei di nuovo tu, ma il corpo non ha reagito con gli stessi tempi della mente e ormai non riesci più a trovare un modo per comunicare. Ma forse sono solo io che mi illudo che possa essere così.

A forza di accarezzarti, ti calmi e ti addormenti. Ne approfitto per sgattaiolare fuori dalla saletta e per dire a mia sorella che tutto va bene. Deve stare tranquilla. Mi chiede se voglio il cambio. La risposta la conosce già e dopo qualche secondo sono di nuovo accanto a te.

Faccio appena in tempo a riappoggiarmi al muro che spalanchi gli occhi e hai una specie di convulsione. Forse devi solo dare di stomaco. Non riesco a girarti e chiedo aiuto. Arriva un infermiere. Ci pensa lui. Adesso stai meglio e lui se ne va. Solo qualche secondo. Poi torna. Mi dice che ha controllato la cartella: sei caduta e ti sei fatta male, ma la cosa che lo ha colpito è l'Alzhaimer. Mi chiede da quanto stai così, mentre non riesce a toglierti lo sguardo di dosso. Gli rispondo che sono 7 anni.

Eccolo. Lo sguardo che non ti abitui mai a sentirti addosso: mi fissa con un misto di timore e di compassione. Mi sento come se mi avesse colpito con un pugno allo stomaco. Mi si annoda la gola e per non piangere reagisco al contrario e abbozzo un sorriso. Devo aver fatto una specie di smorfia. E' quasi imbarazzato. Non sa che dire. Si gira e se ne va. Ma andando via fa un ulteriore gesto di pietà: accosta la porta e ti nasconde alla vista degli altri. Rimane solo una piccola fessura aperta. Tirando la porta scorrevole ha tirato via ogni mia estrema difesa. Crollo e comincio a piangere senza poter smettere. Non ci sono singhiozzi. E' un pianto silenzioso. Le lacrime scendono e la gola sembra che graffi.

Quando ti guardo vedo che tu guardi me. Stringi gli occhi e serri la bocca. Quando li riapri c'è una lacrima appesa. Non scende. Non posso credere che stai piangendo per me. Mi asciugo le lacrime e asciugo anche la tua. Unica.

Ti accarezzo ancora e ti massaggio le gambe e le braccia per quasi due ore. Senza smettere. Mi ferma la voce della dottoressa che dice che la Tac è negativa. Tentenna e aggiunge: a parte la lesione che sua madre ha già.

Non capisco se tutto questo imbarazzo sia per il tuo o il mio dolore.

Non importa.

E' ora di tornare a casa. Mamma.

martedì 9 ottobre 2007

Buon Compleanno


Oggi è un giorno speciale, per una persona per me molto speciale.

Niente regali, ma solo una canzone. Per dirti quello che per me sarai sempre: un dono.

Quello che c'è stato e c'è sarà sempre con me. Dentro di me. E mi accompagnerà per tutta la vita.

Restituendo questo dono sento di non aver perso nulla, perchè i sentimenti e i momenti speciali, i ricordi e le sensazioni ci saranno sempre. I doni non si perdono. Si possono solo rendere, ma quello che lasciano durerà per la vita. Non possiamo trattenerli a forza. Quando ci viene chiesto, dobbiamo lasciarli andare. E questo è il mio regalo. Aggiungo una canzone per te:




Buon Compleanno.

lunedì 8 ottobre 2007

My life


Da qualche giorno dormo di nuovo poco. Molto poco. Cerco di stare tranquilla e penso che passerà. Ho imparato, dopo tanto tempo di insonnia, a "sfruttare" la notte. Prima, quando non dormivo, mi alzavo e approfittavo per sistemare le cose in casa: mettevo in ordine, stiravo, cucinavo (avete mai preparato la parmigiana all'una di notte? vi garantisco che il risultato è ottimo se non vi addormentate mentre friggete/arrostite le melanzane). Insomma riempivo quelle ore perchè i pensieri erano troppo pesanti. Il mio tentativo era quello di sfiancarmi per poi tornare a letto e crollare addormentata.

Ma non accadeva mai. Tornata a letto aspettavo l'alba per alzarmi di nuovo e cominciare la giornata.

Adesso, invece, non mi affanno più. I ritmi delle giornate si sono fatti ancora più pesanti e ho comunque bisogno almeno di riposare, anche se non dormo. Tengo la tv accesa fino al mattino presto. Quando non c'è più niente di interessante da vedere, abbasso il volume e lascio che la luce del televisore illumini appena la stanza. Mi giro verso mia figlia, che per la maggior parte delle notti dorme con me.

La guardo. E la ascolto.

Guardo i suoi lineamenti lisci e morbidi. Le sue espressioni che cambiano con la luce e, probabilmente, con i sogni che sta facendo. Dopo un primo sonno immobile, i sogni si fanno più intensi e, quindi, anche i suoi movimenti. Si gira e rigira. A volte ride. E' così buffa quando lo fa. E ride di gusto. Chissà cosa pensa. Cosa sogna. A volte invece si arrabbia, borbotta, quasi piange. E a quel punto può anche arrivare qualche calcio.

E' così dolce e fragile.

Prego dentro di me perchè non sia mai sola. Perchè sia felice. Perchè io possa esserle sempre accanto e non soffra mai per i miei sbagli. E poi mi avvicino e le do un bacio sulla guarcia. Mi avvicino ancora e l'abbraccio. Dopo qualche minuto prendo finalmente sonno.

E' la mia bambina. E' tutta la mia vita.

Domenica

Sabato scorso niente vendemmia e niente bagno di parenti. Il tempo era molto incerto e le cose da fare sempre tante, ma non ho rinunciato completamente: sabato ho fatto tutto quello che c'era da fare e anche di più e poi domenica mega pranzo a casa mia con una parte dei famosi parenti e amici. Non è stato un bagno ma una piccola doccia che comuqnue è servita a farmi stare meglio. A sentirmi coccolata. Il pranzo, come al mio solito, sembrava preparato per un esercito che non mangia da un mese, ma devo dire che sono rimasti tutti molto soddisfatti. L'atmosfera poi è stata molto piacevole: chiacchiere, battute, risate e qualche riflessione semiseria.
La mia serata si è conclusa con un bel dvd: ho visto il film "Mio fratello è figlio unico." Non sono una gran fan di Scamarcio, ma qui mi è piaciuto. Il film è molto emozionante e affronta gli anni delle guerriglie tra destra e sinistra in modo completo raccontando la quotidianità e la vita difficile delle famiglie e dei figli di quegli anni.
Bello davvero. Emozionante.

venerdì 5 ottobre 2007

E' delicato


Una delle più belle canzoni di Zucchero che tra l'altro esprime bene quello che sento in questo momento.


Vendemmia e previsioni

Domani dovrei (il condizionale è d'obbligo viste le previsioni del tempo) andare a vendemmiare. Non è tanto il lavoro in sè che mi attira, ma sarà una specie di grande riunione di famiglia. Ci saranno i miei zii, le zie, i miei cugini. A parte mia sorella, loro sono tutto quello che rimane della mia famiglia. E anche se, a volte, le cose non sono andate sempre bene tra noi (si dice che capiti anche nelle migliori famiglie), mi sento come se potessi trovare lì un po' di amore vero.
Come la coperta calda della nonna che quando ero piccola mi faceva l'effetto di una medicina.
Speriamo che il tempo sia clemente !!!

Friends

A volte un po' di sollievo arriva. Ieri ho incontrato una mia amica che, ultimamente, sentivo poco e non vedevo quasi più. C'era stato un allontanamento. A volte accade. A volte si ha la necessità di allontanarsi da tutto e da tutti per cercare di capire noi stessi e quello che ci gira intorno, ma quando uno si isola troppo il rischio è di perdersi nell'infinito IO e creare un barriera che ci vede accanto agli altri, ma ci rende soli. E' come guardare il mondo da dietro ad un vetro: noi siamo lì, vediamo le persone, sentiamo i discorsi. La vita scorre, ma noi non ne siamo partecipi. E' questo che mi preoccupava di più: non le rare frequentazioni, ma il fatto che potesse avere bisogno di aiuto e non riuscisse a chiederlo perchè ormai troppo isolata.
Non sono brava a dare consigli e a scuotere le persone, ma quello che spero è aver dato ad una delle persone più care al mondo un po' di fiducia nella vita e soprattutto in sè stessa.
Parlare con lei è stato come un balsamo per le ferite. Quando è andata via non avevo certo risolto i suoi problemi ma credo che parlare le abbia davvero fatto bene.
E ha fatto bene anche a me.
Aiutare qualcuno e ascoltare il suo disordine, mi ha fatto sentire importante per qualcuno.
E, ultimamente, mi è stato davvero difficile credere di esserlo.

mercoledì 3 ottobre 2007

Ordine. Disordine.


E' da tanto che mi sforzo di mettere ordine nella mia vita. Cerco sempre di ritrovare un equilibrio dentro di me. Pensando che poi questo metta equilibrio e serenità anche in quello che mi circonda. Ed è proprio questo il punto. E' quello che c'è dentro di me che non riesco a sistemare. E' la serenità che non trovo. L'equilibrio dentro. E il disordine non se ne va.

Non sono i problemi a disturbarmi. Chi non ne ha. E anche io ne ho e ne ho avuti tanti. Li ho sempre affrontati, anche e soprattutto da sola. Ma quando ti guardi intorno e, non solo non hai con chi dividere i problemi o una spalla su cui piangere, ma ti accorgi che non puoi condividere le tue gioie con la persona che ami allora tutto perde un po' della sua ragion d'essere. E anche la gioia più grande ha i colori un po' offuscati.

Ieri, per esempio, per la prima volta ho portato la mia piccola in palestra. Si è divertita da impazzire ed era così felice che mi è corsa incontro a metà lezione per abbracciarmi e venirmi a dire che mi vuole bene più del mare. Per poi scappare via sotto l'occhio severo del maestro.

Impossibile descrivere la felicità che mi ha dato quel gesto improvviso e spontaneo, mentre me ne stavo lì seduta su una panchina di legno, in fondo alla palestra. Quando accade una cosa del genere il primo istinto è quello di condividere quello che di immenso hai provato, ma se poi realizzi che non c'è nessuno allora quella gioia fa sentire un piccolo retrogusto di amaro. Che rimane in bocca e avvelena un po' l'anima.

E' così che si rompe l'equilibrio.

Mi sono sentita stupida. Mi sono guardata intorno pensando di trovare anche solo un sorriso di conforto fra i tanti genitori che stavano intorno. Ma, giustamente concentrati sulle imprese dei loro figli, ho trovato solo un altro vuoto che si è fatto spazio aumentando il disordine.