mercoledì 15 luglio 2009

Come stai, mamma?



Mamma. Oggi ti ho vista .
Sono venuta nella casa di cura dove stai adesso.
Quella casa che considero ormai la tua.
Ti vedo, sdraiata sul letto. Le gambe rannicchiate, le mani strette nei pugni:
stringi due fazzoletti di stoffa che servono per non farti far male ai palmi.
A volte stringi così forte che è molto difficile aprire le tue mani per sostituire i pannetti con quelli puliti.
Chissà se cerchi di tenere stretta la vita che scorre oppure i tuoi sono pugni
di rabbia contro il mondo che non controlli più.
Anche le braccia sono strette al tuo corpo e non le muovi da tempo.
Già da molto, l'unica cosa che muovi è solo la gamba destra. La vedo, sotto
le lenzuola, mentre la tiri su e poi giù. Non gli dai pace.
Non hai pace.
Sei quasi in posizione fetale. Mentre mi avvicino sento che il tuo respiro si è fatto
pesante. Respiri male. Hai così difficoltà che ogni tanto tossisci come se ti fosse andato di traverso Qualcosa, ma so che non è così: tu non mangi da mesi. Tu ti nutri soltanto.
Ti nutri artificialmente grazie ad una valvola che hai sulla pancia e che è direttamente collegata la tuo stomaco.
Mi sento impotente perchè quando fai così non sosso fare niente per ridarti il respiro.
Posso solo continuare ad accarezzarti sul braccio, sulla gamba e sulla guancia. E' l'unica cosa che riesco a fare. Gli altri, quando vengono a trovarti, non smettono mai di parlarti.
Continuano a parlarti come se tu potessi capire ( e forse non si sbagliano), a farti domande
(come se tu potessi rispondere). Ma questo proprio non è possibile. Tu non parli da mesi.
Il tuo viso è liscio e teso. Non hai una ruga, ma le labbra ormai sono solo una linea. Sottile.
Si sono ritirate e assottigliate. L'unico dente che ti è rimasto sembra ancora più solo.
I tuoi occhi non si aprono quasi più. So che non stai dormendo perché, qualche volta, apri una fessura e sbirci ciò che ti sta intorno. Più forza di questa non hai. Al massimo una fessura.
E poi forse non ti interessa più il mondo e guardare uno spicchio alla volta ti basta. Non ne vuoi più e hai ragione. Non ti ha regalato molto questo mondo qua. Forse meritavi di più, ma spesso non possiamo scegliere.
Nel tuo degenerare oggi però hai fatto due cose importanti.
Quando tua sorella, per l'ennesima volta ti ha chiesto che avevi (come se non lo sapesse) o se volevi qualcosa (come se tu potessi rispondere) hai aperto la fessura degli occhi in modo appena percettibile, hai lasciato uscire un suono: non tanto forte da essere un grido e non così flebile da somigliare ad un gemito e hai contratto il viso e hai iniziato a piangere. Zia dice che tu la riconosci. Forse è vero. O forse sei solo stanca. Tanto da chiedere aiuto a chiunque pensi ti possa salvare da tutto il male che sei costretta a sopportare. Non è la prima volta che lo fai. E' accaduto anche con me, anche se io non parlo e non faccio domande. Io non sono stata capace nemmeno di dire una parola di conforto. In giardino, quel giorno, ho contratto il viso insieme al tuo e ho pianto come te.
Non avrei dovuto, ma non ho saputo fare altro.
L'altra cosa che hai fatto oggi non l'avevi mai fatta prima. Hai chiamato "mamma". Due volte. Non è stato un lamento, un suono confuso. Era semplice e nitido: "mamma".
Forse le chiedi aiuto, come faccio io con te quando sento che non ce la faccio più e ti chiamo nel buio della notte.
Dicono che l'Alzheimer sia una malattia degenerativa senza ritorno. E quindi se hai smesso di parlare, il fatto che tu riesca ad articolare le parole è strano. Non rientra nell'iter.
Si dice tanto di questa malattia, ma forse nessuno ne sa ancora niente.
Io so solo che mi sento senza forze davanti a te. Mi sento impotente perchè non posso fermare tutto questo e quello che mi distrugge è che io posso anche chiederti (come fanno gli altri) "come stai?" ma non avrò mai la tua risposta.
E' tardi mamma. Arrviva l'infermiera a dire che è ora di andare.
Ancora una carezza. Ancora una bacio sulla fronte.