Urlare.
Sì, ma quando. E dove. C'è sempre qualcuno accanto, soprattutto mia figlia e direi che proprio non è il caso. Quando lei non c'è è perchè io sono a lavoro, o sto facendo la spesa, o dal dottore o sto facendo una delle tante cose che devo fare ogni giorno. Cose del quotidiano che, per quanto noiose e tante, non mi hanno mai pesato. E invece oggi sembrano macigni.
Urlare. E' da escludere.
Piangere.
Sì. Si può fare. In macchina, mentre vado in ufficio.
In ufficio, nei rari momenti in cui non c'è nessuno. Quindi, giusto il tempo di far scendere una lacrima e trattenere il resto, perchè non si può.
Sotto la doccia. Come stamattina. Le lacrime si confondono bene con l'acqua che mi lava e quando esco le asciugo con il resto. Spariscono, come se non fossero mai scese. Perchè nessuno le ha viste. Nemmeno io.
Parlare. Sì. Si poterbbe fare, se non fosse che, in questo caso, parlare fa anche più male. Smuove i pezzi che stai tentando di tenere insieme. Con molta fatica. E risultati tutt'altro che buoni.
Aspettare. Aspettare, ancora.
E, nel frattempo, tentare di respirare.